hqdefault

Behemoth (Mostro) di Liang Zhao 2015                          (Annamaria Niccoli)

“Black coala (Carbone nero) 
Sotto il sole, la celestiale bellezza delle distese erbose sarà presto consumata dalla polvere delle miniere. Tra le ceneri e il frastuono causati dalle pesanti attività minerarie, i pascoli si riducono e ai pastori Non resta che partire. al chiaro della luna le miniere di ferro sono illuminate a giorno. i lavoratori che azionano le trivelle devono rimanere svegli. È una dura lotta, contro le macchine e contro se stessi”

Film del cinese di Liang Zhao. Presentato nel 2015, alla 72° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Film in 4K. Il regista presenta la vita infernale che sono costretti a vivere i lavoratori della Cina. Lavoratori che non hanno nessuna garanzia da parte dello stato, né dai sindacati, perché anche in questo paese Esiste la dittatura Socialista, che negli ultimi anni si è convertita al capitalismo occidentale. Negli ultimi anni la Cina sta cercando di recuperare il grande divario esistente fra i grandi paesi industrializzati. Dall’inizio del secondo millennio sono sorte almeno una dozzina di città fantasma. Tantissimi grattacieli di nuova Concezione ingegneristica, completamente disabitate. Il regista ha scelto di descrivere le condizioni del lavoro degli operai fra le regioni dell’alta Cina confinante con la Mongolia. Operai che sono visti come dei perfetti fantasmi inghiottiti Dalla polvere delle Miniere o delle cave costretti ad affrontare una estenuante lavoro. Nel suo film documentario, il regista Liang, a scelto usare molte riprese un campo lungo per presentare le vaste aree delle Miniere. A creare un’immagine claustrofobica Si alternano riprese in luoghi angusti e chiusi come le gallerie delle Miniere. I lavoratori sono presentati per come in realtà sono. Volti stravolti dalla fatica e segnati dalle lunghe ore di lavoro Imposta dal governo. Da qui si passa nel riprendere I vasti viali delle grandi città disabitate. Vasti spazi, strada non percorsa da alcuna macchina, non si vede anima viva virgola il tempo è fermo. Città che non hanno nome, città di cui nessuno ne conosce la storia e che mai avranno vita. Chilometri di strade asfaltate che portano al nulla, tanto da far perdere l’occhio allo spettatore, che cerca vanamente un essere vivente. Assistere alla visione di questo lavoro cinematografico e come vedere l’inferno dantesco, letto in chiave moderna. Il film oltre che essere un documentario, può essere inteso come una denuncia dello sfruttamento delle risorse della terra. Il territorio devastato da grandi voragine delle miniere a cielo aperto, il sottosuolo scavato indiscriminatamente, l’uomo devastato dal lavoro, che muore nella totale indifferenza dello stato, le morti bianche. La Divina Commedia contemporanea della Cina può essere intesa: il rosso degli altiforni e le scintille che ne escono, può essere visto come l’inferno; la polvere grigia che avvolge Le Cave a cielo aperto, le lunghe file di camion, e il Purgatorio; il cielo limpido della città fantasma di Ordos e il paradiso, oppure una continuazione dell’inferno perché la città è disabitata. Il regista Liang denuncia la corsa al capitalismo, al consumismo, con due cadaveri, l’uomo e la natura. Le megalopoli sono lo spreco senza limite delle risorse della terra. Il regista denuncia apertamente il degrado del capitalismo, che coinvolge non solo la Cina, ma anche altri stati africani.
Il documentario è di forte impatto emotivo e visivo, che porta lo spettatore a riflettere sui danni procurati dal capitalismo imperante.